Yamas - Le cinque adempienze con il mondo esterno
Patañjali nei suoi Yoga Sutra divide il Raja Yoga in otto stadi. Il primo è rappresentato dagli
Yamas, le cinque adempienze che il praticante dovrebbe avere nei confronti del
mondo esterno, che sono:
Ahimsa (non violenza), Satya (veridicità),
Asteya (non
appropriarsi di cose altrui), Brahmacharya (Conoscenza del
Divino e moderazione nell’uso dell’energia sessuale), Aparigraha
(attaccamento ai beni materiali).
Non violenza
(Ahimsa) - deve
essere applicata ad ogni essere vivente, per creare attorno a sé un mondo di
armonia e di pace. Ahimsa letteralmente significa “non ferire” quindi implica
tutti i livelli in cui potrebbe essere possibile farlo: fisico, verbale,
mentale ed emotivo. Naturalmente c’è differenza tra un modo di ferire ed un
altro, da fisico a verbale ad esempio, ma ognuno di essi produce violenza che
chiama altra violenza ed una mente piena di pensieri violenti non può essere
stabile rendendo difficile, se non impossibile, la pratica dello Yoga.
Patanjali asserisce
nei suoi aforismi che “di fronte allo Yogi non violento, cade ogni forma di
inimicizia e di aggressività”.
Veridicità (Satya) – la si pratica per aderire e ricercare sincerità nella vita personale
e sociale, ovvero deve essere praticata anche per non permettere, secondo la
legge di azione e reazione, ad altri di avere, nei nostri confronti, falsità ed
ipocrisia. Satya, ci dice Patanjali,
è un comportamento di verità, una qualità per mantenersi veri sempre: nelle
parole, nei comportamenti, nei pensieri ed anche un modo di perseguire la
verità anche all'esterno di noi stessi.
Non appropriarsi di cose altrui (Asteya)
- si pratica eliminando dalla propria
vita ogni atto o desiderio di appropriazione e disonestà per far si che tutte
le cose, quando egli lo desideri, vengano ai piedi dello Yogi.
Conoscenza del Divino (Brahamacharya) - vedere la parte divina
in tutti gli esseri viventi. Acharia significa conoscitore o maestro e Brahma è
la parte divina insita in ogni essere vivente, anche nel nostro peggior nemico.
In questo modo cade ogni barriera e limitazione egoica, nonché ogni forma di
inimicizia e di rancore con il mondo esterno. Inoltre questo yama è anche
quello che regola la vita sessuale la quale dovrebbe essere in armonia con la natura. Ci sono, su
questo punto, spesso dibattiti e pareri contrastanti che vanno dall’astinenza
assoluta ad una certa indulgenza.
Il non ricevere doni
(Aparigraha) - questo principio permette al praticante di non legarsi
karmicamente con persone subdole e false, le quali possono offrire doni e
regali con secondi fini. Lo si pratica anche rinunciando all’avidità ed al
desiderio di possesso, tale concetto si riferisce anche al vivere una vita
semplice con poche comodità, senza accumulare inutilmente. E, per chi è
sensibile anche ai problemi ecologici, è bene sottolineare che meno si possiede
e meno si contribuisce a questo grande attuale problema.
“Questi particolari precetti, che costituiscono la parte iniziale e basilare del Raja Yoga, sono essenziali per purificare il nostro organismo biopsichico e sopratutto per aiutare il praticante a superare tutti gli ostacoli distruttivi, più o meno difficili che si presentano sulla via dell'evoluzione interiore, tra i quali: malattia, dubbio, torpore, pigrizia della mente, assenza di entusiasmo, attaccamento ai sensi, respiro irregolare, tremore del corpo, dolore, angoscia mentale, ecc. Sempre secondo il Guru Patanjali, questi si eliminano anche coltivando in noi amicizia, letizia, ottimismo, misericordia, serenità interiore, che rendono calma e serena la Chitta, la sostanza della mente.”
Namaste
Tiz
(Alcuni passi sono tratti o rielaborati dal libro "Lo Yoga dei grandi Maestri" di Giorgio Furlan Ed. Mediterranee)
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