Un’indagine di Yoga Journal America ha stabilito che nel 2008 la spesa in lezioni e prodotti yogici in tre anni è salita da 2.95 a 5.7 miliardi di dollari. Un pantalone Lululemon, oggi, può costare anche 108 dollari, una lezione da Jivamukti 22 dollari. Da Pure Yoga un abbonamento mensile costa 170 dollari. I residenziali di yoga abbondano: trascorrere una settimana in Puglia con Dechen Thurman costa 1100 euro, sei notti con Rodney e Colleen Yee ai Caraibi 6000 dollari.
Una questione di business
Che lo si consideri atletico o ascetico, una disciplina semplice e umile, lo yoga viene, oggi, sempre più spesso gestito con dinamiche assimilabili a quelle dello star system. Celebri le lezioni di Madonna, cui lei attribuisce la leggendaria flessibilità di cinquantenne, quelle di Sting, che a suo dire, gli portano vigore sessuale, per non parlare della famosa Rolls Royce d’oro di Bikram Choudhury, degna di Scarface. Stefanie Syman, che ha ripercorso nel suo “The Subtle Body” (vedi Yoga Journal n. 48) lo sviluppo della disciplina indiana in America, parla di un vero e proprio business che si fonda su diversi bisogni sociali, fra cui il mito dell’eterna giovinezza, oppure su rivisitazioni di alcune filosofie, fra cui il classico no pain/no gain. Infine, la nascita di fenomeni, come “i nuovi penitenti”. A mano a mano che queste tendenze si definiscono, lo yoga a sua volta si trasforma. Basta dare un’occhiata al programma dell’ultima edizione dello “Yoga Conference” tenutasi a San Francisco: 13 workshop dedicati al business, da “Come rendere il tuo studio più green”, a “I soldi contano”. Da “Come usare i social network”, a “Questioni legali per il manager della tua scuola”.
Il ricordo dell’antica tradizione
I trend attuali del mondo yogico sembrano tutti infrangere il precetto di cui Patañjali parla negli “Yoga Sutra”. Aparighraha, uno dei 5 yama, quella qualità specifica, che non è la povertà francescana, bensì il non-possesso, il non aggrapparsi ai beni materiali, non accumulare, ma anche non accettare più di quanto ti è necessario. L’eccezione In questa atmosfera di arrivismo, esiste un personaggio rivoluzionario. È Greg Gumucio, a cui persino il New York Times ha dedicato una prima pagina, il quarantenne fondatore di Yoga To The People (www.yogatothepeople.com) una nuova modalità di concepire la pratica accessibile a tutti.
«Grassi e magri, deboli e forti, compìti e sbandati, fratelli, sorelle, nonne, coraggiosi e mansueti», recita l’incipit del sito . E sulla homepage il pensiero del fondatore: «Qui non ci sono vestiti adatti, pagamenti adeguati, risposte giuste. Non ci sono insegnanti famosi, non c’è ego, non ci sono piedistalli. Ossa che scricchiolano, gente che cerca. Questo yoga è per tutti» (vedi box qui sopra).
«Grassi e magri, deboli e forti, compìti e sbandati, fratelli, sorelle, nonne, coraggiosi e mansueti», recita l’incipit del sito . E sulla homepage il pensiero del fondatore: «Qui non ci sono vestiti adatti, pagamenti adeguati, risposte giuste. Non ci sono insegnanti famosi, non c’è ego, non ci sono piedistalli. Ossa che scricchiolano, gente che cerca. Questo yoga è per tutti» (vedi box qui sopra).
Il progetto
Yoga To The People ha aperto nel 2006 a un passo da Thompkins Square Park, su Saint Marks Place (la via icona dell’East Village, negli anni ’80 regno dei tatuaggi e dei negozi vintage). La formula di Gumucio è molto semplice: ogni giorno è possibile partecipare a una delle 7 lezioni a orari fissi. Bisogna solo presentarsi, il tappetino lo si può noleggiare per soli due dollari, il pagamento si basa su un sistema di donazioni. Il “prezzo consigliato” è dieci dollari, ma a fine lezione, nessuno controlla o giudica se si è donato meno. E sarà, forse, grazie a questa estrema libertà che a fine lezione la scatola - salvadanaio di Kleenex, all’inzio vuota, dopo Savasana trabocca di banconote da uno, cinque, dieci e venti dollari. Soldi che hanno un gusto diverso in quanto non sono richiesti, ma “benvenuti”, e, quindi, in un certo senso, veramente “free”.
Tutti ammessi
Il pubblico è formato da un gruppo eterogeneo di persone. «Abbiamo ogni tipo di studente - precisa Gumucio - artisti, attori, danzatori». Chiunque può entrare al numero 12 di St. Marks Place: non esistono livelli diversi, la sequenza vinyasa è sempre la stessa. È vero, forse, non c’è abbastanza spazio per le correzioni individuali, ma in compenso si impara guardandosi attorno, perchè si è circondati sia da principianti sia da studenti molto avanzati. Una formula vincente, insomma. Solo nella location dell’East Village in un giorno si registrano 900 allievi. A Manhattan Greg Gumucio ha aperto altre 4 scuole, di cui una a Brooklyn. Poi a Berkeley, San Francisco, Austin, Chicago e Seattle.
L’illuminazione
Il fondatore di YTTP è stato manager di Bikram Choudry per 6 anni (1996-2002) a Los Angeles. Ed è proprio grazie a questa collaborazione che è nata l’idea del centro. Un giorno, infatti, durante una conversazione con il suo guru, Gumucio si lamentò di uno degli insegnanti, Bikram allora gli rispose: «Se un insegnante non ti piace, la colpa è tua. Sei tu il primo maestro di te stesso, sei tu il responsabile della tua pratica». Per l’ideatore di YTTP fu una vera e propria illuminazione: se lo studente è l’elemento più importante, pensò, perchè tanta enfasi è data al maestro? Spesso nel corso della sua esperienza Gumucio aveva notato che alcuni allievi smettevano di praticare solo perchè un insegnante lasciava la scuola. Perché allora, riflettè, non smantellare tale sistema, e assegnare gli studenti al primo insegnante disponibile? E da YTTP succede proprio questo: poiché il numero degli studenti che si presentano è sempre imprevedibile, quando l’enorme stanza al primo piano è piena, l’insegnante manda un collega al secondo piano, e se anche questo si riempie, al terzo.
Un’idea coinvolgente
Sin dall’inizio l’entusiasmo di Gumucio ha conquistato il suo padrone di casa che, ascoltata l’idea, l’ha aiutato e stimolato nella realizzazione del progetto (l’East Village è una delle zone dove gli affitti sono fra i più cari di tutti gli USA) concedendogli un contratto di 4 mesi rinnovabile a 5 anni. E la fiducia l’ha premiato: nel giro di tre mesi i conti si sono pareggiati. «Ciò che soprende è che tutto questo successo è avvenuto grazie al passaparola. Quando il progetto è partito in classe c’erano solo tre studenti!» dice Jason Grechanick, uno degli istruttori formatosi all’interno del YTTP Teachers’ Training. Sì perchè da due anni YTTP prepara anche insegnanti, con un programma approvato dalla Yoga Alliance. Il costo? 2500 dollari per la certificazione YA 200 ore (la media dei corsi di formazione a New York è di 3500 dollari, con picchi, come Jivamukti, di 8000).
Caos calmo
Gli invidiosi sostengono che la sala è troppo piena e questo porterebbe a distrazioni. Ma alle critiche, citando Bikram, Gumucio risponde: «Con musica Zen, candele profumate, incenso, luci soffuse è facile meditare. Proviamo, invece, in mezzo al traffico, quando qualcuno ci taglia la strada. Impariamo a trovare la calma quando siamo a pochi centimetri dal vicino, con un piede in faccia e un gomito nel fianco. Il nostro scopo era quello di far sì che la gente si prendesse un impegno con la pratica, non con l’insegnante. Solo così lo yoga diventa parte della vita e non un’attività».
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